Food Industry Monitor 2022
“Le cose non si cambiano con il magone, ma con un atteggiamento di liberazione” (Carlo Petrini)
Questa è la frase che più ci ha colpiti giovedì scorso al convegno del Food Industry Monitor, l’osservatorio sul settore food & beverage italiano che analizza le performance di oltre 850 aziende sviluppata dall’Università di Scienze Gastronomiche e Ceresio Investors.
Si è parlato di innovazione e sostenibilità nel settore alimentare, con focus sulle aziende familiari. Sono intervenute sul tema numerose personalità di spicco come Alberto Balocco di Balocco, Marco Farchioni di Farchioni Olio, Simona Fiorentini di Fiorentini, Alessandro Pazienza di xtraWine e Arturo Ziliani di Berlucchi.
Si è riflettuto sulla differenza tra sviluppo e progresso e si è parlato dell’influenza che l’economia e l’ecologia hanno sulla crescita sostenibile delle aziende. Una nazione come l’Italia, che esporta prodotti alimentari principalmente in Europa, nelle proiezioni export risente della contrazione del PIL degli altri paesi.
Sfide e difficoltà
Tra le sfide affrontate dalle varie aziende ci sono la scarsa reperibilità della carta e del cartone per il packaging e la penuria di materie prime: oltre al colpo inferto dalla guerra all’approvvigionamento di farine di mais e frumento e di olio di girasole dall’Ucraina, si assiste ad una vera e propria emergenza siccità in Italia, che mette a rischio i raccolti di riso.
Tutto ciò mette molte aziende di fronte a un bivio: far ricadere il rincaro sui clienti o accettare che l’EBITDA sia prossimo allo zero per il tempo necessario a superare la crisi? Quando la priorità è conservare e tutelare i clienti, spesso si sceglie di fare stock e non rincarare i prodotti continuativi, a scapito della marginalità. Questo rappresenta però un problema, perché se non c’è margine spesso si rinuncia ad investire e, se non si investe, non c’è crescita.
Nella tavola rotonda è stata segnalato anche il rischio che certi produttori e fornitori, fallendo o non rispettando i contratti, possano compromettere tutta la filiera. Inoltre il 30% delle aziende alimentari familiari è in una fase di transizione tra la prima e la seconda generazione e non sono patrimonializzate, ma indebitate, con la quasi certezza non solo dell’aumento del debito, ma anche del tasso di interesse dello stesso.
Preziosissima la riflessione di Carlo Petrini, Presidente UNISG e Slow Food, a conclusione dell’evento: fondamentale aprirsi al cambiamento per rendere davvero sostenibile l’intero sistema, dalla filiera produttiva all’educazione del consumatore. Sostenibilità non è una parola con cui riempirsi la bocca per moda o ripulirsi la coscienza a scopi di marketing, ma un approccio più umano alla vita, al lavoro e al consumo di risorse che non sono infinite. La vera innovazione passa dal ritrovare la consapevolezza della nostra natura e di quella del nostro pianeta.